Analisi del caso della Sentenza del 6 marzo 2019, n. 6518 della Cassazione Civile.
La parte aveva chiesto la revoca dell’assegno divorzile all’ex coniuge causa peggioramento delle sue condizioni economiche.
Si arriva in Cassazione e il ricorrente lamenta la nullità del decreto della Corte d’Appello, deducendo difetto di legittimazione processuale in quanto l’ex moglie era stata rappresentata e difesa in giudizio dal proprio amministratore di sostegno, a cui non era stata conferita alcuna procura processuale.
Preliminarmente, la Cassazione rileva che l’ammissibilità del ricorso sui vizi di nullità è subordinata alla dimostrazione del pregiudizio concreto arrecato alla parte ricorrente, che in questo caso mancava di prova.
Inoltre la Cassazione dichiara che l’amministrazione di sostegno è un istituto duttile calibrato sulle esigenze del beneficiario attraverso i poteri conferiti nel decreto di nomina.
La rappresentanza sostanziale conferita all’amministratore di sostegno assume rilievo nel processo, in quanto lo stesso, in virtù del disposto di cui all’art. 75 co. 2 c.p.c., ha anche il potere processuale nelle situazioni sostanziali alla cui tutela è preposto.
Nel caso di specie, l’amministratore di sostegno era anche avvocato ed era stato autorizzato dal Giudice tutelare e, ai sensi dell’art. 86 c.p.c., aveva svolto la difesa personalmente.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che il Giudice avrebbe omesso di assumere informazioni utili dall’Inps per comprendere la situazione economica e pensionistica della controparte. La Suprema Corte ritiene il motivo inammissibile in quanto è richiesta di rivisitazione del giudizio di merito.