Se vi è malattia pregressa si riduce il quantum risarcitorio (Cass. Civ., sez. III, Sent. n. 20829/18)

La Corte d’Appello accoglieva la domanda proposta nei confronti della A.S.L. di risarcimento dei danni dal minore subiti per omissioni diagnostico-terapeutiche dei medici dell’Ospedale che assistettero al parto cesareo, non essendosi i medesimi accorti tempestivamente che era in atto un distacco di placenta, che aveva provocato la sofferenza fetale alla base della cerebropatia del neonato.
Avverso la indicata pronunzia della corte di merito la A.S.L. propone ora ricorso per Cassazione.
Si duole che la corte di merito abbia omesso l’esame delle contestazioni alla CTU, e in particolare la necessità dell’indispensabile esecuzione di un esame neuro radiografico che avrebbe aiutato a determinare la causa del difetto fisico del piccolo. Lamenta che le conclusioni della CTU non sono pertanto attendibili, e che erroneamente non è stata accolta la richiesta di rinnovo della CTU, essendo rimasta non accertata la questione di centrale rilevanza costituita dalla ignota condizione primitiva che aveva generato la malattia che aveva colpito il minore.
Va osservato che la struttura sanitaria risponde a titolo contrattuale dei danni patiti dal paziente: per fatto proprio, ex art. 1218 c.c., ove tali danni siano dipesi dall’inadeguatezza della struttura, ovvero per fatto altrui, ex art. 1228 c.c., ove siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui essa si avvale.
Si è al riguardo precisato che la responsabilità contrattuale della casa di cura non rimane esclusa in ragione dell’insussistenza di un rapporto contrattuale che leghi il medico alla struttura sanitaria, in tale ipotesi operando il principio dell’appropriazione o dell’avvalimento dell’opera del terzo di cui all’art. 1228 c.c., pertanto il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvalga dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, ancorché non siano alle sue dipendenze.
La responsabilità per fatto dell’ausiliario (e del preposto) prescinde dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato.
La struttura sanitaria risponde direttamente di tutte le ingerenze dannose che al dipendente o al terzo preposto (medico), della cui opera comunque si è avvalso, sono state rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al creditore/danneggiato, e cioè dei danni che ha potuto arrecare in ragione di quel particolare contatto cui è risultato esposto nei suoi confronti il creditore (nel caso, il feto/neonato).
La struttura sanitaria è infatti direttamente responsabile allorquando l’evento dannoso risulti come nella specie da ascriversi alla condotta colposa posta in essere (quand’anche a sua insaputa) dal medico, della cui attività essa si è comunque avvalsa per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale.
Va posto in rilievo che nell’impugnata Sentenza viene dato in effetti atto come dalla C.T.U. disposta ed espletata in sede di gravame sia emerso che vi è stata carenza diagnostica rispetto alla evoluzione della gravidanza: in particolare, le ecografie seriate effettuate non hanno mai refertato la circonferenza addominale, parametro di facile misura e considerato standard per porre prima il sospetto e poi formulare diagnosi di difetto di accrescimento fetale; carenza che ha impedito di diagnosticare tempestivamente quel ritardo di accrescimento che si è poi dimostrato alla nascita.
Orbene, la Cassazione ha avuto modo di porre in rilievo che quando un pregresso stato morboso del paziente/danneggiato venga individuato quale antecedente privo di interdipendenza funzionale con l’accertata condotta colposa del sanitario, ma dotato di efficacia concausale nella determinazione dell’unica e complessiva situazione patologica riscontrata, non può ad esso attribuirsi rilievo sul piano della ricostruzione del nesso di causalità tra tale condotta e l’evento dannoso, appartenendo ad una serie causale del tutto autonoma rispetto a quella in cui quest’ultima si inserisce.
Ad esso può assegnarsi rilevanza unicamente sul piano della determinazione equitativa del danno, e conseguentemente pervenirsi sulla base di una valutazione da effettuarsi, in difetto di qualsiasi automatismo riduttivo, con ragionevole e prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto alla delimitazione del quantum del risarcimento dovuto dal responsabile.

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