Il Tribunale con sentenza del 20 febbraio 2018 ha condannato F. alla pena di 1.000,00 di ammenda con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche relativamente al reato di cui all’art. 137, d. lgs. 152 del 2006 perché a partire dal 13 del mese di novembre 2012 effettuava l’utilizzazione agronomica di circa 3 mc di acque di vegetazione prodotte dalle operazioni di molitura ed eccedenti la capacità di 8,66 mc delle vasche di accumulo istallate presso il predetto frantoio, un mese prima e quindi in assenza della comunicazione preventiva al Sindaco del Comune, prevista dalla legge regionale 255/2007.
L’imputato ha proposto appello, trasmesso a questa Corte di Cassazione, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, genericità e perché tenta di rileggere i fatti accertati in sede di merito. In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
In tema di motivi di ricorso per Cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. In tema di impugnazioni, il vizio di motivazione non può essere utilmente dedotto in cassazione solo perché il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiché ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità.
La sentenza impugnata con adeguata motivazione, immune da contraddizioni o da manifeste illogicità, ricostruisce i fatti e determina la penale responsabilità della ricorrente relativamente al reato contestato, rilevando che l’utilizzazione delle acque di frantoio è stata effettuata senza previa comunicazione al Sindaco; comunicazione poi intervenuta successivamente, come emerge dalla deposizione del teste.
Si tratta di accertamenti di fatto relativi alle modalità dello spandimento sul terreno delle acque di frantoio, senza autorizzazione, insindacabili in sede di legittimità, se adeguatamente motivati come nella fattispecie in giudizio. Del resto l’utilizzazione di acque di frantoio in difformità alle disposizioni regionali in materia costituisce reato e non illecito amministrativo: «Integra il reato di cui all’art. 137 D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 l’utilizzazione agronomica di acque di vegetazione di frantoi effettuata in contrasto con le prescrizioni imposte dalle regioni, ivi comprese quelle per il controllo dell’attività.
Il ricorso sul punto, articolato in fatto non si confronta con le motivazioni della sentenza, ma in via del tutto generica ritiene configurabile solo un illecito amministrativo.
Alla data della sentenza impugnata non era decorso il termine massimo di prescrizione di anni 5, considerando anche le sospensioni della prescrizione e l’inammissibilità del ricorso esclude la valutazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata: «L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.